Maliki non entra nell’alleanza sciita, elezioni forse rinviate di un mese
di Ornella Sangiovanni Osservatorio Iraq, 25 settembre 2009
Fra i tormentoni che circolano negli ambienti politici di Baghdad mentre l’Iraq si avvia verso le elezioni per il rinnovo del Parlamento, almeno uno sembra avviarsi verso la conclusione: il premier Nuri al Maliki infatti ha annunciato che si presenterà da solo, con la sua "Alleanza per lo Stato di diritto".
L’annuncio è arrivato ieri, con un comunicato diffuso dal National Media Center, dove si parla di "un grande blocco prima e dopo le elezioni", incentrato sui "principi del progetto nazionale su cui si è basata l’Alleanza per lo Stato di diritto nel corso delle precedenti elezioni per i consigli provinciali".
La nuova coalizione guidata dal premier verrà presentata "entro la settimana", e non si entra in "nessun’altra alleanza". La formazione di Maliki tuttavia non chiude le sue porte, dice il comunicato: "La porta è ancora aperta all’accordo con le altre alleanze per arrivare a una intesa, o prima delle elezioni, o dopo, ma questo non significa che noi entriamo in altre alleanze".
Toni diplomatici
Dunque: niente confluenza nella Iraqi National Alliance (INA), la nuova coalizione sciita che tale però non vuole dichiararsi, e che gli aveva lasciato "porte aperte", nelle parole di Ammar al Hakim, leader del Consiglio Supremo islamico iracheno (ex SCIRI), che dell’INA è una delle componenti maggioritarie.
I primi commenti che arrivano dall’INA hanno toni diplomatici. Mulhan Imran Musa, uno dei suoi deputati, dice [in arabo] al quotidiano arabo al Hayat che l’annuncio di Maliki non significa una rottura fra le due alleanze – che potrebbero unirsi sia prima che dopo il voto previsto per metà gennaio, anche se "è certo che alle elezioni andranno due alleanze: l’Iraqi National Alliance e l’Alleanza per lo Stato di diritto guidata da Maliki".
E, a proposito di futuro, ci sarebbe la possibilità che il voto, previsto finora per il 16 gennaio, venga rinviato.
Elezioni rinviate di un mese?
Muhammad Mahdi al Bayati, il rapporteur del Parlamento, ieri ha diffuso un comunicato in cui si annuncia che le elezioni potrebbero slittare come minimo di un mese, in quanto "la Commissione elettorale indipendente ha intenzione di chiedere un rinvio delle elezioni parlamentari nel caso in cui il Parlamento non dovesse approvare la legge elettorale entro fine settembre".
Entro fine settembre? E’ una parola: tutto è bloccato sul nodo di Kirkuk (come votare cioè nella provincia contesa fra arabi, kurdi, e turcomanni) – e passi avanti non se ne vedono.
Fonte: al Hayat
Profughi irakeni, vita difficile anche nei Paesi di accoglienza
Londra (AsiaNews/Mrg) – I rifugiati irakeni nei Paesi vicini e nell’Europa occidentale soffrono di insicurezza e rischiano di perdere la loro identità religiosa e culturale. Un rapporto del Minority Rights Group (Mrg), basato su interviste fatte a profughi lungo tutto il 2008, mostra che i gruppi minoritari iracheni, fuggiti dal loro Paese a causa della persecuzione, si ritrovano in difficoltà in Europa, per l’estrema difficoltà ricevere l’asilo politico, o sono oggetto di discriminazione. Spesso essi sono costretti al ritorno in patria.
Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati, quasi 2 milioni di irakeni sono fuggiti dal loro Paese per le ondate di violenza seguite alla invasione guidata dagli Usa e alla caduta di Saddam Hussein.
Molti di loro – fra il 15 e il 64%, a seconda dei Paesi dove hanno trovato rifugio – appartengono a minoranze religiose quali cristiani, circassi, mandei, shabak, turkmeni, yaziti.
I maggiori Paesi di accoglienza sono la Siria (1,1 milioni); la Giordania (450 mila); il Libano (50 mila); l’Egitto (30 mila); gli Usa (4700); la Svezia (32120).
Carl Soderbergh, membro del Mrg, sottolinea che "molte nazioni europee [fra cui Svezia e Gran Bretagna], stanno rifiutando molte richieste di asilo e riportano in Iraq in modo forzato i profughi, nonostante che gli attacchi sulle minoranze siano in crescita in alcune aree".
Giordania e Siria, pur avendo accolto un gran numero di profughi, lasciano molti di essi in una specie di limbo, senza permesso di residenza, né di lavoro. Anche il rilascio dei visti di ingresso è divenuto più difficile dal 2007.
Il rapporto del Mrg mostra le difficoltà che i rifugiati irakeni hanno nella mancanza di una vera e propria politica di integrazione fra i Paesi di accoglienza. Soprattutto minoranze piccole come i mandei o gli shabak, dispersi in moltissime nazioni, rischiano ormai l’estinzione culturale.
Il rapporto è corredato anche di diverse commoventi testimonianze.
Mosul, morti 15 soldati iracheni
Sono quindici i soldati iracheni rimasti uccisi nel nord del Paese mentre cercavano di disinnescare un ordigno. Lo ha detto l'agenzia irachnea Aswat al Iraq. Fonti della sicurezza irachena precisano che l'incidente è avvenuto nella provincia di Bashiq, a nord di Mossul, a 400 chilometri da Baghdad, mentre una squadra di artificieri tentava di far brillare l'esplosivo contenuto in un'auto.
Mosul, uccisi due poliziotti
A Mosul due poliziotti sono stati uccisi e un terzo ferito durante uno scontro a fuoco e due civili sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco.
Iraq, Commissione elettorale: pronti per il referendum sulla Costituzione kurda assieme alle elezioni parlamentari
Osservatorio Iraq, 25 settembre 2009
La Commissione elettorale indipendente irachena (IHEC) è pronta a tenere il referendum sulla Costituzione della regione autonoma del Kurdistan in contemporanea con le elezioni parlamentari nazionali previste per gennaio.
Lo riferisce l’agenzia di stampa irachena indipendente Awsat al Iraq, citando come fonte un funzionario della IHEC, Abdulrahman Khalifa.
Il funzionario ha detto che il referendum si può svolgere nello stesso giorno in cui gli iracheni andranno a votare per rinnovare il Parlamento, "a condizione che venga approvata la legge relativa al referendum, e assegnato un budget speciale allo scopo".
La nuova Costituzione del Kurdistan, approvata lo scorso 24 giugno a stragrande maggioranza dal Parlamento regionale, è molto controversa, in quanto rivendica come appartenenti alla regione autonoma diverse zone (le cosiddette "zone contese") che attualmente non ne fanno parte, inclusa Kirkuk, importante centro petrolifero.
Inizialmente, il referendum popolare che dovrebbe ratificarla era stato previsto in coincidenza con le elezioni per il rinnovo del Parlamento kurdo del 25 luglio scorso.
Tuttavia, esso è stato rinviato a data da definirsi, con la motivazione che c’era bisogno di più tempo per i preparativi.
Sembra però che alla base del rinvio ci siano state anche pressioni da parte di Washington (oltre che delle Nazioni Unite) sulle autorità kurde. C’è infatti forte preoccupazione che la tensione – già molto alta – in nord Iraq possa aggravarsi, e la situazione andare fuori controllo, soprattutto nel caso in cui la Costituzione dovesse essere approvata.
[O.S.]
Fonte: Aswat al Iraq
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